Tanto vale vivere

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Prefazione di Natalia Aspesi

«Strepitosi. Non c'è aggettivo più moderato per definire i racconti di Dorothy Parker pubblicati da astoria.»
Tuttolibri - Elena Loewenthal

«Un libro che si dovrebbe leggere come un manuale di sopravvivenza.»
Il Piccolo - Marta Herzbruch

“Per scrivere con tanta eleganza e perfidia bisogna aver avuto un’esistenza non facile, che ti ha obbligato a trovare rifugio nella tua intelligenza e nella tua fragilità”, così Natalia Aspesi, nella prefazione a questi racconti, tratteggia perfettamente il ritratto di una delle autrici più intelligenti e argute del Novecento. Parker non si limita a rivelare le ipocrisie, le vanità, i miti e le fobie della borghesia americana, ma le trafigge con il suo stile impietoso, rivelando il razzismo strisciante, la frustrazione dei padri e l’irrequietezza dei figli, l’ipocrisia sottesa a certi matrimoni e la conseguente bassezza delle infedeltà coniugali. Sempre con una classe insuperabile.

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Istrionica, beffarda, modernissima, Dorothy Parker (1893-1967), nata Rothschild, comincia a scrivere per Vogue nel 1914 e in seguito prende il posto di P.G. Wodehouse a Vanity Fair, ma viene licenziata per i suoi testi troppo espliciti. In segno di solidarietà, si dimettono altri due giornalisti, Robert Benchley e Robert E. Sherwood, e creano con Parker la famosa Tavola Rotonda all’Algonquin Hotel che, come recita una targa visibile ancora oggi, “con la forza del carattere cambiò la natura della commedia americana e fissò nuovi canoni estetici di una nuova stagione delle arti e del teatro”. Non meno importante è il suo impegno politico; nel 1936, favorendo la creazione della Lega antinazista a Hollywood, si attira l’accusa di essere una simpatizzante comunista e, negli anni ’50, viene indagata dall’FBI, finendo così nella “lista nera” di Hollywood, in cui erano elencati quegli sceneggiatori, attori, registi e scrittori sospettati di svolgere attività antiamericane e ai quali era dunque vietato dare lavoro. Negli anni ’60, diventa una convinta sostenitrice del movimento per i diritti civili e infatti, poco prima della sua morte, nomina suo erede universale Martin Luther King.

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