Nazisti in fuga

· Edizioni Mondadori
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Com'è stato possibile che tanti criminali nazisti siano fuggiti dall'Europa dopo la seconda guerra mondiale? La loro scomparsa ha alimentato le ipotesi più fantasiose, a partire dall'idea che lo stesso Hitler fosse scappato con un sommergibile rifugiandosi in Patagonia. Arrigo Petacco ricostruisce le reali vicende di questi terribili aguzzini attraverso un racconto ricco di sorprendenti e poco noti retroscena. La loro fuga, pianificata fin dalle ultime fasi del conflitto, fu favorita dalla guerra fredda che indusse le potenze occidentali a chiudere in fretta i conti con il passato. In un groviglio di inconfessabili interessi che coinvolgeva la Cia e il Vaticano, ebbero un ruolo centrale alti prelati come il «vescovo nero», l'austriaco Alois Hudal, già uomo di fiducia del Führer. Grazie a queste protezioni e a un'efficiente organizzazione clandestina denominata «Odessa», numerosi scherani del Reich, mimetizzati in un improbabile saio francescano, imboccarono un tortuoso percorso attraverso l'Italia, detto Ratline, «via dei topi», o «via dei monasteri» perché ricevevano asilo nei conventi, per raggiungere Genova. Da lì, provvisti dalla Caritas di passaporti rilasciati dalla Croce Rossa, potevano agevolmente imbarcarsi verso destinazioni lontane. Molti trovarono ospitalità in Sudamerica, in particolare nella compiacente Argentina di Perón, ma anche i Paesi arabi, come la Siria, nel segno del comune odio antiebraico aprirono le porte ai macellai del nazismo. Oltre a parlare dei criminali più famosi, come Adolf Eichmann e Josef Mengele, l'«Angelo della Morte» di Auschwitz, autore di abominevoli esperimenti sui gemelli, Petacco si pone sulle tracce di personaggi solo apparentemente «minori», in realtà responsabili dello sterminio di centinaia di migliaia di persone, che godettero di lunga impunità in terra straniera, come Alois Brunner, un nazista «mezzosangue», implacabile nei rastrellamenti, che presentò con subdolo cinismo alla stampa e all'opinione pubblica il campo di Theresienstadt come un villaggio modello abitato da ebrei «felici», o Franz Stangl, il comandante di Treblinka che camuffò il lager da stazione ferroviaria con tanto di biglietteria, sala d'aspetto, bagno, accogliendo con il sorriso sulle labbra i deportati che mandava alle camere a gas. Fra intrighi spionistici, ricatti, tradimenti, catture romanzesche, viavai di navi e sommergibili carichi di fuggiaschi e di tesori trafugati, il cosiddetto Nazi Gold, Petacco rievoca in tutta la loro portata gli orrori della Shoah mettendo al tempo stesso in guardia dai fantasmi sempre incombenti dell'antisemitismo.

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