Ricchissimo di echi autobiografici, L'invitata (1943) è il primo romanzo di Simone de Beauvoir: il ritratto di un groviglio affettivo fatto di solitudini e ossessioni, ma soprattutto di una ricerca di senso che va ben oltre la riflessione - pur acutissima - sui possibili modelli di coppia e d'amore. Il libro infatti - sostiene Simona Munari nella sua introduzione - «determina nel pensiero di de Beauvoir la scoperta e l'elaborazione della dimensione sociale e politica del destino umano, ed è l'inizio acerbo di un cammino filosofico e di una vita pubblica alla quale invano, ripetutamente, si è cercato di applicare categorie».