Siamo a teatro: il vincitore di un premio letterario ci mostra le spalle e grida "Grazie, grazie!" verso la platea che ha di fronte. Le luci si spengono, il sipario si chiude e il protagonista si volge verso di noi. ├И impacciato e stanco: cerca le parole per ringraziare e finge di cercare un biglietto in tasca. Il problema ├и: chi, come e perch├й ringraziare? L'autore, premiato "per l'insieme della sua opera", punta alla sincerit├а: diventa puntiglioso, politicamente scorretto, e pi├╣ va a fondo nella questione pi├╣ il "grazie" s'ingigantisce e finisce con il toccare temi morali che vanno ben oltre l'occasione. A chi tocca questo ringraziamento? forse alla giuria, a chi giudica? forse al pubblico, lusingato dall'invito alla cerimonia? Non certo al ministro perch├й, si sa, i ministri si ringraziano da soli. La formula del ringraziamento ha delle regole, ci dice il nostro personaggio-autore, e puntualmente ne fa un grottesco elenco. Passando dallo scoramento al furore (eccoli l├м, gli spudorati ricatti cui sono sottomessi gli autori eletti dalla giuria!) si lascia visitare dal dubbio (che senso hanno i "grazie" in un mondo che storpia gli affetti, riduce le emozioni a spettacolo?) e risale, in una sorta di delirio della memoria, all'odio rimosso per il maestro di scuola, origine della sua ribellione contro il conformismo. Solo la scrittura e solo i lettori l'hanno liberato dai cattivi maestri. Ai lettori dunque, e dal cuore, va il vero, autentico "grazie" dell'autore. Brillante, ironico, coinvolgente, Grazie ├и un omaggio di Daniel Pennac ai suoi lettori, ma a questo bell'inchino simbolico l'autore arriva disegnando una figura nevrotica, contorta, esilarante di uomo confuso. Un uomo al bivio. Scritto per il teatro Grazie ├и un testo che si lascia leggere come un monologo brioso, pieno di scatti di intelligenza e umorismo. Siamo dalle parti di Come un romanzo ma con un investimento esistenziale e un vigore creativo assolutamente nuovi per Pennac.