Carne. Carne appesa a ganci e stesa sul marmo. Bestie al macello. Bestie che crollano, animali incerti sulle zampe, i cui occhi si rovesciano all'indietro. Mucche sane, mucche in pascoli verdi ritoccati con Photoshop e mucche inscatolate vive tra le griglie degli stabilimenti illuminati al neon. Sono venute a noi, hanno riempito i nostri schermi e noi ce le aspettavamo, come dopo essersi strafogati ci si aspetta di dormire male. Ma quella volta abbiamo avuto paura. Abbiamo tremato perchรฉ era giunta l'ora della grande punizione perchรฉ mangiamo carne o perchรฉ mangiamo troppo o semplicemente perchรฉ mangiamo: non c'รจ dieta mediterranea o dieta iperproteica, non c'รจ pastone macrobiotico o pasto sostitutivo che possa farci niente. Noi continuiamo a mangiare perchรฉ continuiamo a vivere. Ma quella volta abbiamo tremato perchรฉ l'undicesima piaga biblica si stava abbattendo sul nostro Egitto: a cadere prima sulle gambe, poi con la testa all'indietro, a tremare e a morire โ sรฌ, perchรฉ alla fine รจ morta โ รจ stata Clare, ventiquattro anni, vegetariana da quando ne aveva undici, uccisa dal morbo della Mucca Pazza. Vegetariana da quando ne aveva undici. La carne impura irrompe nella carnale e impura storia degli uomini. L'ombra dell'antropofagismo, la societร del rischio e la putrefazione in vita, l'autoseppellimento e il sisma psichico. Tutto, davvero tutto, viene macinato dall'idrovora di una scrittura commovente e spietata: cosรฌ si fa la Storia, cosรฌ si fanno le storie, cosรฌ รจ scritto Bloody Cow, il reportage sulla malattia di Creutzfeldt-Jacob. Corifea dolcissima, profetessa veterotestamentaria, scrutatrice spietata e raggelante del mondo, accordatrice di ritmi e visioni, Helena Janeczek ricostruisce la storia di Clare Tomkins, la disperazione della sua famiglia e il delirio mediatico, dirigendo il flusso inesausto delle immagini, a volte dinamicissimo, altre lutulento, altre ancora maestoso, con salti e rapide improvvisi, composto di allegorie verticali e orizzontali aneddoti, di vite e non-vite che variano dalla fotografia iperrealista all'allucinazione in stile lynchiano. E noi restiamo esausti, sazi, incantati e pur sempre immensamente disincarnati, proprio al centro della carne, nell'atto piรน solitario e comunitario che sia dato all'umanitร : mangiare.