Agli inizi del secolo scorso, per un periodo che si è protratto fino al secondo dopoguerra, Modernismo e Razionalismo hanno catturato l’attenzione della critica mettendo in ombra quelle rare ma preziose voci fuori dal coro che in numerose occasioni ci hanno offerto prove di altissima qualità, seppur controcorrente o per certi versi anacronistiche. Una di queste voci è certamente quella di Tomaso Buzzi: disegnatore fecondo, architetto instancabile e grandissimo interprete di arti applicate.
La pubblicazione, oltre a soffermarsi sulla personalità artistica di Tomaso Buzzi, si è in particolare concentrata sulla sua ultima creazione, la Scarzuola, una città ideale in miniatura costruita accanto alla sua residenza nell’Umbria. La ricerca si è sviluppata partendo dal rilievo (diretto ed indiretto) dei numerosi manufatti in cui si articola la Scarzuola e procedendo poi con la successiva virtualizzazione dello stesso, fino ad arrivare alla rappresentazione degli elaborati attraverso diverse tecniche di rappresentazione.
La configurazione della Scarzuola di Tomaso Buzzi ricorda quella dei teatri antichi della classicità greca, in cui la scena è affidata alla natura. L’idea dominante è quella dell’architettura intesa come teatro, che il progettista investe di personali emozioni e concetti, attribuendo all’architettura “una quarta dimensione”.
Alfonso Ippolito, architetto, PhD e professore associato di disegno presso il Dipartimento di Storia, Disegno e Restauro dell’Architettura (DSDRA) della Facoltà di Architettura, Sapienza Università di Roma.