Archeologia Medievale, L, 2023 – “Scienze dure”, storia e archeologia del Medioevo: verso nuovi paradigmi? / “Hard sciences”, history and archaeology of the Middle Ages: towards new paradigms

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· Archeologia Medievale Book 50 · All’Insegna del Giglio
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Dieci anni fa si celebrava il Quarantennale della Rivista con un numero speciale, un’occasione di riflessione su quanto si era fatto e su come la disciplina si era sviluppata, il tutto visto attraverso la storia di un periodico che ne aveva accompagnato il percorso fin dai primi passi. Il volume affrontava criticamente alcuni tematismi che, in un approccio essenzialmente di tipo storico-culturale, avevano attratto l’interesse dei ricercatori nel nostro Paese e, nel contempo, tentava possibili collegamenti con gli sviluppi dell’archeologia italiana ed europea, cogliendone criticità e punti di forza. Un volume che dunque era un bilancio sul passato, ma anche un possibile ponte verso il futuro.

Dopo un decennio, in occasione dei Cinquanta anni della Rivista (gli anniversari restano numeri se non si coglie l’opportunità, che offrono, di un avanzamento critico), la Rivista pubblica un monografico dedicato al rapporto tra l’archeologia medievale e le “scienze dure”, dunque lo fa inserendosi in uno spazio che, forse più di altri, ha segnato in forme innovative la base epistemologica delle nostre ricerche. Ma non si tratta di un’eccezione, perché la Rivista, negli ultimi dieci anni, ha spesso promosso e pubblicato numeri monografici che hanno variamente intercettato e sviluppato temi di attualità: da quelli molto settoriali ma che affrontavano le potenzialità di nuove fonti (ad esempio il numero sulle anfore altomedievali); ad altri più vicini al mainstream storico ma letto attraverso una nuova lente archeologica (il numero sulla congiuntura del Trecento); ad altri, ancora, che tentavano un ripensamento del rapporto tra le archeologie post-antiche e il passato nelle loro più diverse declinazioni, inserendosi peraltro in un filone, oggi forse un po’ troppo alla moda, come quello dell’“archeologia pubblica” (pensiamo al numero su archeologia medievale ed identità). In sostanza, crediamo che la Rivista, oltre ad accogliere quanto di meglio le veniva offerto dalla ricerca nazionale, abbia saputo individuare e sviluppare percorsi autonomi e per certi versi originali, di cogliere quanto di innovativo maturava nell’ambito delle archeologie internazionali e cercare di tradurlo in proposte che guardassero ad un’archeologia del futuro svincolata dalle pastoie in cui è ancora confinata buona parte della nostra tradizione nazionale. Archeologia Medievale, in tutti questi anni, ha mantenuto il suo titolo “tipicamente accademico” ma anche il sottotitolo (Cultura materiale. Insediamenti. Territorio) che, fin dagli inizi, marcava un chiaro spazio autonomo ed originale di ricerca in ambito archeologico. La temperie culturale in cui era nata, la prima metà degli anni ’70, spiega molto di quel titolo e di quegli orientamenti, ma se la rigidità di certe posizioni ideologiche si è nel tempo mitigata e l’archeologia sembra giustamente andare oltre i confini cronologici nei quali è ancora accademicamente inserita, quel sottotitolo, nell’indicare un metodo e uno specifico spazio d’azione, resta ancora pienamente d’attualità […]

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